RANDAGI

Ci sono creature che nessuno aspetta. Arrivano senza essere chiamate e se ne vanno senza lasciare indirizzo. Le puoi riconoscere dallo sguardo: è quello di chi ha dormito sotto troppi cieli per credere che esista davvero un “per sempre”. I randagi non bussano, non si spiegano, non si scusano nè elemosinano amore, anche se a volte ne hanno bisogno più di chiunque altro. Vivono di istinto e di ferite e diffidano delle carezze troppo improvvise. Eppure, se ti scegliessero – anche solo per un minuto – capiresti che non c’è fedeltà più intensa di quella di chi ha conosciuto l’abbandono e ancora, nonostante tutto, torna.

Randagi a 4 zampe o a 2 gambe non fa differenza, portano dentro tutti lo stesso vagabondare, anche quelli che non sanno restare, che fuggono prima che tu possa affezionarti, che si salvano da soli, ma ogni tanto, vorrebbero che qualcuno li inseguisse lo stesso. Hanno imparato a non pensare, a non chiedere, a scomparire in silenzio per non disturbare. Non vogliono padroni, né gabbie dorate. Solo un angolo dove poter essere se stessi senza doverlo spiegare ogni volta. Hanno fame. Di cibo, di riparo, ma più di tutto di rispetto e, se li guardi bene, può darsi che tu riconosca in loro qualcosa di te. Oppure qualcosa che avevi dimenticato di essere. C’è una dignità ruvida in chi non appartiene a nessuno, ma continua a camminare. E forse, in fondo, siamo tutti un po’ randagi in cerca di un posto dove posare il cuore senza sentirci in pericolo.

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Pubblicato da LaMalaQuercia

Storie di cuore e di terra

3 pensieri riguardo “RANDAGI

  1. Riflessione vera e cruda, che lascia un velo di malinconia.

    Mi è tornata alla mente la canzone “Quattro cani” di De Gregori.

    Uno dei quattro era un randagio e la sua descrizione, in poche righe di testo, mi ha sempre fatto pensare ad una condizione di totale disillusione.

    Gio

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